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LOVE BAG: LA BORSA CHE DICE CHI SEI

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Noi donne lo sappiamo bene: la borsa è il nostro mondo un piccolo, probabilmente l’accessorio più personale in assoluto.

Pinko – noto marchio italiano fondato da Pietro Negra con la moglie Cristina Rubini negli anni ’90- ha creato una borsa molto speciale: la Love Bag. A metà tra una clutch e una tracolla, la Love Bag è una borsa rigida di dimensioni medio-piccole con una tracolla a catena rigorosamente dorata di una lunghezza che consente di portarla a spalla, come si usava negli anni ’70.

Pinko ha fatto della sua Love Bag un oggetto di tendenza fino a diventare uno dei pezzi preferiti da blogger e influencer. Ma il marchio italiano ha fatto un salto in più dando vita a un progetto di personalizzazione della borsa: oggi è possibile infatti ordinare la Love Bag facendola personalizzare con il proprio nome. A disposizione ci sono 4 combinazioni di colori e un’attesa di 5 settimane per avere la propria Love Bag in edizione limitata.

Il lancio di questo nuovo e meraviglioso progetto è stato celebrato con un cocktail party il 7 giugno a Milano presso lo showroom di Pinko in via Montanapoleone 26 in collaborazione con Grazia. E noi c’eravamo!

In un’atmosfera di musica hip hop e i colori scoppiettanti della nuova collezione, Pinko ha dato un allegro benvenuto a ospiti d’eccezione come le influencer Miranda Makaroff e Candela, assieme a una discreta folla di appassionate fans e fortunate lettrici della famosa rivista diretta da Silvia Grilli.

All’interno dello showroom lo staff di Pinko ha mostrato la nuova Love Bag personalizzata: i colori disponibili, il nome letteralmente cucito sulla borsa, con accurate rifiniture dorate. Insomma, un vero gioiello must-have.

Ma cosa mi è piaciuto di più?

Beh, di questo evento ci è piaciuto il mood: un oggetto personalizzato come una borsa, a cui nessuna donna rinuncia, non è solo una moda, bensì un messaggio forte di affermazione di sè e della propria identità. Nell’era dei social network e di altrettante tensioni socio-culturali, la Love Bag è una borsa carica di grinta e femminilità, perchè la sfida più grande non è apparire, ma avere il coraggio di essere sempre se stessi.

 

 

TENDENZE FALL/WINTER 2016: IL RITORNO DEL CAPPOTTO

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Il capo più cool di questo autunno/inverno è il cappotto.

Un ritorno da vero protagonista di cui sono contentissima perché credo che sia un capo che non deve assolutamente mancare nel guardaroba (di una donna ma anche di un uomo).

Il cappotto è un capo classico, che però abbiamo visto un po’ scomparire negli ultimi anni e soppiantato prepotentemente dal piumino e dal parka, entrambi  più easy e più versatili e di cui si sono viste davvero le versioni più diverse.

Ma la moda, si sa, ritorna e non si stanca mai di rinnovarsi, spprattutto quando si tratta di capi senza tempo.

Sono molti i brand che per questa nuova stagione fredda hanno inserito il cappotto nelle loro collezioni, quindi le proposte sono davvero moltissime.

Il cappotto ha essenzialmente due caratteristiche che devono essere prese in considerazione: la lunghezza e il taglio.

Il cappotto può essere monopetto, ovvero con una sola fila di bottoni per la chiusura e pertanto consentire uno scollo più profondo e più aperto, o doppiopetto, con una doppia fila di bottoni e quindi più accollato e per certi versi  dare la sensazione che indossato sia più stretto.

Per quanto riguarda la lunghezza, ormai ce n’è davvero per tutti. Ma il cappotto merita una prova attenta in negozio perché sia in perfetta proporzione con la nostra figura senza tralasciare ovviamente il fatto che poi gusto e stile personale dettino un po’ la legge sulla nostra scelta.

E infine la qualità del materiale: personalmente penso che un buon cappotto debba essere di lana.

Da bambina avevo un cappotto Loden, del tradizionale colore verde scuro e con i famosi bottoni bombati marroni. Durante gli anni della scuola media mi sono innamorata di un cappotto viola, monopetto, lunghezza 7/8 di taglio dritto. Adoravo portarlo con la tuta da ginnastica un paio di sneakers bianche Nike.

Da adulta, nel corso degli anni ho acquistato un cappotto nero corto fino al ginocchio, doppio petto e con maniche a sbuffo, un cappotto bianco panna, monopetto, classico, lunghezza 3/4 – che si sporca solo a guardarlo – e che dà alla mia stagione fredda un tono decisamente caldo. Sono tutt’oggi parte del mio guardaroba.

Ma il cappotto che preferisco in assoluto è il cappotto lungo, taglio svasato con cintura o martingala e sarà il mio prossimo acquisto.

Il cappotto è un capo unico e molto femminile, può essere indossato con una mise molto elegante o sopra un outfit sportivo.

Per questa nuova stagione ho già buttato l’occhio su alcuni modelli che mi hanno davvero colpito, ho osservato con attenzione e messo insieme le idee secondo ciò che mi è piaciuto di più.

Colore preferito: verde, come quello by Twin Set. Il miglior abbinamento: jeans a zampa, camicia, mocassino con tacco alto e largo o decollétées, guanto lungo di pelle e un copricapo che può essere una coppola o un berretto di lana extra large.

Una sfida per osare: cappotto cammello come quello by Max Mara, gonna plissettata, t-shirt bianca o nera con disegni #rock, bretelle maschili e sneakers All Star.

Il cappotto del momento: quello in doppio petto con le toppe by Zara.

Con un capo così sono moltissime le possibilità di outfit, dal sofisticato allo sportivo, bisogna avere sempre il coraggio di sperimentare.

Vi lascio alla mia gallery e vi auguro buono shopping!

MILANO FASHION WEEK: E’ NOSTRA LA CAPITALE DELLA MODA

La Fashion Week più bella di tutte è quella di Milano, perché è questa la capitale della moda.

E quella appena conclusa è stata davvero speciale, visionaria e innovativa.

La città è stata un vero e proprio teatro, non solo in passerella ma anche per strada, tra eventi e divertenti sorprese.

Fare un riassunto di tutto quello che è successo e citare tutti i protagonisti sarebbe quanto mai riduttivo e un post non basterebbe, ma qualocosa da dire c’è.

Milano è stata il palcoscenico della creatività più estrosa, divertente e celebrativa di un #madeintaly che ha un valore unico nel mondo, quel saper creare e giocare con colori, materiali e tessuti diversi, quella passione per il proprio lavoro che conserva accuratezza e attenzione particolari per dettagli, accessori senza mai tralasciare quella sartorialità che è solo nostra.

Gucci ha esordito con una sfilata ambientata in un sogno – o in un inconscio? – fatto di immagini e visioni che hanno preso corpo nelle modelle di Alessandro Michele, pioniere del vintage e genio di uno stile in contrasto e in contraddizione al tempo stesso, che ha mandato in scena una donna Gucci rivisitata ed eclettica, fragile e ombrosa, dark e divertente, mixando tradizione e futuro.

Prada invece ha messo in scena una donna bon ton che non rinuncia al comfort e a una sessualità volutamente celata, quasi preservata: gonne plissettate e calzature a pantofola, senza rinunciare a un pizzico di glamour nei dettagli delle piume, come ad affermare la femminilità come la più essenziale delle creazioni.

Marni invece ha scardinato i volumi: spalle enormi, maniche extra long, volumi giganti e morbidi su modelle sottili e fluttuanti in uno spazio labirintico di vetro, quasi in bilico con borse come tasche sui fianchi come a ricordare che ognuno di noi è responsabile del proprio bagaglio e che a seconda di ciò che ci portiamo addosso o dentro, il nostro passo può cambiare.

Questa è stata una delle sfilate che ho apprezzato di più.

La sfilata di Moschino diretta da Jeremy Scott è stata probabilmente la sfilata più dirompente ed emotivamente intensa: in un’atmosfera psico-giocosa, hanno sfilato modelle come bambole di carta, definite appunto paper dolls quasi a dare un senso di bidimensionalità con quelle liguette-etichette che ricordano le bambole di carta con cui giocavo anche io da bambina. Tanto colore, energia drammatica ma potente.

E infine Dolce & Gabbana che ha mandato in passerella modelle uscite dalle favole: tra abiti da principessa e giacche in stile militare, il desiderio è stato il motore di uno spettacolo magico e travolgente, tra velluto e ricche applicazioni sugli abiti, fiori e dettagli curatissimi e vivacemente ostentati, tutto inserito in una jungla celebrativa di tutta l’italianità possibile.

Immagini e momenti indelebili: le labbra glitterate di Gigi Hadid e la cena organizzata da Dolce & Gabbana in via Montenapoleone.

Alla fine di una settimana così sono seguite – e non ancora placate – le critiche da parte di Vogue America sull’assenza di novità per questa Milano e per quel mondo delle fashion bloggers e influencers che secondo la rivista americana fanno più esibizione (e danno) che professione.

Invece penso che il grande messaggio che arriva da questa Milano Fashion Week sia più innovativo che mai: meno seduzione, più affermazione, è tempo di emergere. La donna di questa Milano Fashion Week è una donna che finalmente esprime tutti i suoi lati, tutte le sue identità e possibilità, tutta se stessa nelle varie tipologie, tutta la sua voglia di decisione per la propria vita. Non è più una donna vittima di una mercificazione, anzi: è una donna che dichiara l’affermazione di sé, del proprio ruolo nella società, un ruolo fatto di momenti privati e ufficiali, un ruolo di partecipazione attiva e protagonista, che recupera un passato per costruire il futuro.

Anche la scelta di chiudere la settimana con i designer emergenti porta questo messaggio.

Ed è questa l’innovazione: un bagaglio culturale ed emotivo che si rimette in gioco, che si rivede, che si riveste e si rinnova.

E se tutto questo è mirato a dettare nuove regole dopo averne scardinate parecchie e non vi è intenzione di trasformare questo appuntamento in una sorta di pazzo contenitore di concerti, eventi, feste e divertimento in tutta la città (come ha fatto invece New York), forse chiamarle sfilate è riduttivo, superato e out: questa Milano Fashion Week è stata la dichiarazione più interessante di quanto ci stia a cuore questa grande ricchezza, frutto di un durissimo lavoro e di una costante passione e ricerca per il desiderio che è il nostro #madeinitaly e che ci rende unici al mondo.